Il vento dell’Elfo soffia al Teatro dei Filodrammatici, che ospita fino al 18 gennaio una chicca creata da Cristina Crippa, qui regista assieme al compagno di una vita Elio De Capitani, indimenticabile ‘Caimano’ sul grande schermo grazie a Nanni Moretti. Con lui sul palco Elena Russo Arman e Corrado Accordino. Il tris di attori mette in scena Libri da ardere, testo teatrale di una giovane scrittrice francese di successo, Amélie Nothomb. Cristina ha voluto allestire uno spettacolo seguendo il proprio istinto e ha convinto i tre attori, che lo hanno presentato un paio di estati fa al Festival di Asti e, da allora, ha girato diverse città. Cristina Crippa, fondatrice del Teatro dell’Elfo nel bel mezzo degli anni ’70, non ha smesso di amare la vita e il proprio mestiere, di cui ci parla volentieri.
Da cosa nasce la scelta di questo testo poco conosciuto?
E’ nato come un esperimento, per festeggiare una biblioteca apertasi a Monza, dove abito. Era solo una lettura ma ebbe un forte impatto, una grande reazione, così l’abbiamo messo in scena ad Asti in una chiesa sconsacrata e infine l’abbiamo rappresentato all’Elfo, con grande soddisfazione di pubblico. Ora torniamo a Milano al Filodrammatici grazie a Corrado Accordino, che oggi dirige il Filo e visto che questa pièce gli piace molto, abbiamo adattato la scenografia per il palco del Filo, che è molto piccolo. Infatti usiamo la struttura stessa del teatro, come avevamo fatto in passato con la chiesa sconsacrata di Asti. Adoperiamo lo spazio che c’è e raccontiamo questo spazio, che diventa rifugio per personaggi che vi creano rapporti. Lo spazio è molto importante.
Ma c’è una ragione specifica per un simile titolo?
Ne avevo pensato parlando della biblioteca di Monza, che doveva festeggiare il 40° anno della ristrutturazione. Avevo pensato che questo testo fosse perfetto per tre personaggi e in forma di lettura, dentro alla sala di lettura della biblioteca. Una perfetta ambientazione. Anche Elio, all’inizio poco convinto sulla scrittura di Amelie, che gli sembrava salottiera, ora ammette che è una che conosce le sofferenze.
Tu sai chi è?
Amélie Nothomb ha vissuto da piccola in Giappone e in Cina con la famiglia e ha visto da vicino la violenza, ha patito l’anoressia, ha subìto il rapporto col corpo e possiede grande capacità d’ironia, capacità di raccontare le cose ed è anche un bel personaggio, curioso. A me aveva colpito questo testo e pure Elio se ne è appassionato, trasformandosi in un professore vanesio ma anche appassionato coi giovani, per trasmettere cose. Però li aggredisce, ci sono questioni di potere. Alla fine sia Elio che Elena e Corrado si sono molto appassionati a questo testo. Infine ci è voluto tempo per riuscire a produrlo per il festival di Asti nel 2006.
Come hai conosciuto l’autrice?
Io l’ho conosciuta per caso, piluccando un suo romanzo, sebbene ci siano stati parecchi adattamenti teatrali dai suoi romanzi. Lessi Mercurio e mi ero molto, molto divertita, così ho letto altre cose e ho scoperto questo testo teatrale.
Che cosa racconta?
Siamo in una città inventata, dell’est, dove c’è stata una grande cultura ma, dopo due anni di guerra, la città è circondata dai barbari. Un professore ospita due giovani, un assistente e la sua ragazza. C’è il problema per il poco cibo e il freddo (e finalmente abbiamo il clima giusto: ad Asti era luglio e gli attori coi cappotti e gli sciarponi….). L’assistente ha una grande ammirazione per il prof, che sembra un grande idealista, un papà.
Poi le cose cambiano?
I loro rapporti all’inizio mantengono le gerarchie ma via via i riferimenti, con la situazione di guerra, si esasperano e, dopo aver bruciato tutto per scaldarsi, alla fine la ragazza suggerisce di bruciare i libri. All’inizio si pensa a cosa bruciare, per provocare meno dolore, fino a quando si arriva all’ultimo pezzo da salvare. E’ melenso ma avere memoria e immaginazione impedisce di bruciare i libri: è come distruggere l’umanità.
I personaggi hanno bei ruoli?
La mutevolezza dei rapporti è anche al centro del tutto, tra un prof potente e una giovane ragazza, fragile e innocente. Infine la tragedia si fa pesante ma c’è molta ironia e ci si diverte tanto. I libri di cui parlano sono inesistenti, per non distrarre il pubblico e alla fine l’ultimo crea tanta curiosità, perché c’è chi lo considera utilissimo e chi no. C’era fra il pubblico chi avrebbe voluto sapere a tutti costi quale fosse il vero titolo! Io ricordo ‘L’inferno è freddo’: è una citazione è di Bernanon ed è un atto d’accusa contro le guerre.
Ti sei divertita a dirigere questa pièce?
Molto divertita. Elio ed Elena li conosco da tanto tempo, Elio è un attore molto esuberante, un po’ indisciplinato ma che dà un sacco di soddisfazioni, anche improvvisando sul testo, tanto da permettere modifiche sull'originale. Elena e Corrado, che è nuovo per noi, permettono di avere una grande dimensione corporea e sono attori eccezionali. Sì, io mi sono molto divertita, ho provato piacere, come quando le cose prendono corpo e comunicano.
Prossimi progetti?
A febbraio riporto all’Elfo Lola che dilati la camicia, spettacolo del ’96 di Marco Balani, molto particolare. Finché riesco a farlo vado avanti, vedo che continua a piacere anche alle nuove generazioni. L’ultima volta, erano entrate dietro le quinte due ragazzine di 14 anni per dirmi che era il loro primo incontro col teatro e che era stata un’emozione molto, molto grossa. Poi continuo con Angel’s in America di Ferdinando Bruni in tournée e poi tornerà a Milano e a fine giugno farò un monologo, La Numero 13 di Pia Fontana. Lei è una autrice veneziana più abituata alla narrativa.
Che strano titolo. Ma porta bene?
Questo titolo corrisponde a una tomba del monumentale, una scultura di Lucio Fontana: un angelo senza testa, azzurra e oro, costruita per una figlia morta e vista dalla protagonista dello spettacolo. Vederla le suggerisce pensieri che confluiscono, portando avanti il rapporto tra essere artisti ed essere madri, una cosa che mi interessa molto. Poi faremo il secondo pezzo di Angel’s in America, che useremo il prossimo ottobre per inaugurare, incrociando le dita, la nostra nuova sede al Teatro Puccini, ex cinema da anni in ristrutturazione.
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